Villa Romana di San Leonardo
gestione del territorio
Villa Romana di San Leonardo
Notizie storiche ed archeologiche
La convenzione tra la Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino e Benevento e il Gruppo Archeologico Salernitano per la gestione e la valorizzazione della villa romana di San Leonardo fu stipulata in data 7 luglio 1996.
La villa fu costruita a conclusione delle guerre puniche (fine II-inizio I sec. a.C.) per garantire il controllo economico e militare della parte settentrionale del golfo di Salerno a seguito della deduzione della colonia marittima di diritto romano, Lex Atinia de coloniis deducendis, deliberata nel 197 a.C. e dedotta tre anni dopo, nel 194 a.C..
La collocazione dell’impianto è situato in posizione panoramica e salubre, su un declivio degradante verso il mare, in area fertile, ben collegata ai circuiti commerciali ed alle altre strutture urbane limitrofe da un efficiente sistema di comunicazione.
Coniugava felicemente le esigenze della villa rustica con quelle della villa dominica di otium.
Le esplorazioni archeologiche relative agli anni 1985-1989 hanno riportato alla luce alcuni ambienti pavimentati a cocciopesto, relativi alla parte residenziale, ed un grande muro di terrazzamento, scandito da nicchie intonacate di rosso con funzione di fontane, che separava l’area residenziale da quella di servizio.
Nella prima fase della costruzione, gli ambienti di servizio erano separati da un giardino/ninfeo accessibile da un corridoio, originariamente pavimentato in opus spicatum, prospiciente un muro di terrazzamento, inglobante un acquedotto e scandito da nicchie intonacate in rosso, dotate di sbocchi dell’acqua che alimentavano, a loro volta, anche la vasca del ninfeo.
Questa fontana monumentale era arricchita, presumibilmente, da una torretta laterale, aperta nel muro perimetrale del giardino.
Alcuni elementi recuperati dallo strato dei crolli o ancora in situ hanno fatto pensare che la fontana fosse coronata da un colonnato superiore e da una frons scenae impostata sul bordo della vasca.
Quando l’edificio fu colpito da un non ben chiaro evento distruttivo, probabilmente un terremoto o una frana, la vasca fu completamente obliterata ed il giardino/ninfeo trasformato in un deposito di dolia (grandi contenitori per le derrate alimentari).
Nella torretta fu installata una fornace per la produzione di laterizi, necessari per il restauro della villa a seguito dei danneggiamenti.
Quando, nel 79 d.C., si verificò la famosa eruzione pliniana, quella che distrusse Pompei, Ercolano e gli altri vicini siti vesuviani, la villa di San Leonardo era già parzialmente in una fase di abbondono graduale.
Gran parte dei dolia, infatti, erano già stati asportati in un momento precedente.
Inoltre, anche dopo l’eruzione, lo strato dei lapilli non fu asportato totalmente e segnò il definitivo abbandono della fornace e dell’acquedotto, la cui fonte d’acqua che lo alimentava era stata, probabilmente, deviata o obliterata per effetto dell’eruzione.
In età tardo antica (IV-VI secc. d.C.), la villa conobbe una fase di riutilizzo in chiave insediativa. L’area del giardino fu utilizzato, ancora una volta, per il deposito di dolia. Dal VII secolo l’area fu destinata a sepolcreto di un vicino villaggio.
La convenzione del 1996 aveva permesso al Gruppo Archeologico Salernitano, oltre alla manutenzione della villa, la possibilità di attuare un progetto di recupero della memoria storica del sito archeologico, che già in parte era stato presentato in occasione delle iniziative culturali del comune di Salerno nell’ambito della manifestazione “Visitiamo la Città”.
Infine, era stato reso possibile visitare il sito e studiato un programma che aveva permesso agli insegnanti delle Scuole medie e superiori di organizzare itinerari archeologici - naturalistici da svolgersi su tutta l’area interessata della villa, in cui si erano impiantati laboratori di archeologia sperimentale.
La villa è attualmente chiusa al pubblico ed è stata in questi ultimi anni oggetto di degrado archeologico ed ambientale.
Potete osservare la differenza da quando la munutentavamo e la tenevamo aperta al pubblico per le visite guidate.
Il degrade si è avuto da quando la Soprintendenza Archeologica che pensava di riutilizzarla diversamente, ha sospeso la convenzione con la nostra Associazione creando uno stato di abbandono e un ricettacolo di animali selvatici (cani e gatti).
A cura del dott. Felice Pastore
Presidente Gruppo Archeologico Salernitano APS
Ispettore Onorario MiC
